Il titolo del recente documento di EUA ricorda molto i contenuti del discorso pronunciato da Karen Maex, rettrice dell’università di Amsterdam, durante la inaugurazione dell’anno accademico 2021: Protect independent and public knowledge, commentato qui da Maria Chiara Pievatolo.
Si parte dal riconoscimento delle inefficienze del sistema delle pubblicazioni scientifiche che ignora bibliodiversità e multilinguismo, ha costi elevatissimi, crea disuguaglianze e nel corso del tempo ha dato agli editori un potere enorme su tematiche che dovrebbero essere di esclusiva pertinenza delle comunità scientifiche.
La bella notizia è che fra il 2020 e il 2023 il 50% dei lavori scientifici pubblicati è accessibile in una qualche versione (pre, post-print o versione editoriale). La brutta notizia è che nello stesso periodo il 50% dei lavori di ricerca resta chiuso. E questo nonostante le politiche a supporto di una scienza più aperta e gli ingenti investimenti (almeno a livello europeo).
Il report sottolinea quali sono i fattori che hanno definito forme e modi della comunicazione scientifica negli ultimi decenni: dalla ipercompetitività e dalla cultura del publish or perish, alla digitalizzazione, all’introduzione della AI, alla concentrazione del mercato nelle mani di pochi loghi editoriali che possiedono anche le informazioni sulla ricerca (cosiddetti metadati), allo sviluppo delle politiche di open access e open science fino alla crescita incontrollata di alcuni editori open access che hanno fatto della produzione di special issue il proprio core business.
La compresenza di questi fattori ha portato a seri problemi rispetto alla attendibilità di ciò che viene pubblicato e una sfiducia generale che si basa purtroppo su molte evidenze.
I costi della comunicazione scientifica sono cresciuti in maniera incontrollata, il sistema delle APC ha contribuito ad arricchire ulteriormente gli oligopoli della scienza, i contratti trasformativi si sono rivelati uno strumento per drenare fondi pubblici, non per modificare la comunicazione scientifica né per aumentare la trasparenza dei processi.
La reazione delle istituzioni e dei ricercatori e delle ricercatrici è stata (con qualche ritardo) in qualche modo una risposta alla esortazione di Karen Maex.
Il diamond open access sembra essere uno dei modelli su cui le istituzioni (anche in maniera consorziata) dovrebbero puntare, utilizzando infrastrutture aperte e gestite dalle comunità scientifiche.
Il modello di pubblicazione publish then review, tipico dei silos editoriali, è affiancato dal modello Publish review Curate, che vede l’interoperabilità di infrastrutture che assolvono ai diversi compiti della editoria sicentifica, si è creata una alleanza globale a favore del diamond open access che in Europa ha preso la forma dello European Diamond capacity hub, anche la gestione dei diritti d’autore, fondamentale per il riuso dei lavori di ricerca da parte degli autori, ha visto la emanazione di leggi sul diritto secondario di ripubblicazione dei lavori di ricerca. Sul fronte della valutazione della ricerca COARA (firmata da moltissime istituzioni) definisce una modalità di valutazione qualitativa e che tenga in considerazione di tutte le attività di ricerca, mentre la Barcelona Declaration sancisce l’impegno dei firmatari ad utilizzare, per il monitoraggio delle attività di ricerca, informazioni sulla ricerca aperte.
Tutte queste iniziative sono la risposta piuttosto corale ad un sistema che non funziona, costoso ed iniquo. Una valutazione della ricerca più inclusiva, una visione critica della spesa per le pubblicazioni scientifiche, uno spostamento dei fondi dai contratti con i monopolisti verso infrastrutture e progetti aperti, l’uso di infrastrutture aperte, una gestione responsabile dei diritti d’autore e la crescita della consapevolezza nei ricercatori rispetto all’etica della ricerca sembrano essere le strade già intraprese che EUA con il suo documento esorta a perseguire perché la scienza ritorni nelle mani dei ricercatori e delle ricercatrici e, in ultima istanza, alla società che la ha finanziata.