When a measure becomes a target...: la compravendita delle authorship e altre storie edificanti

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L’articolo Authorship for sale: Nature investigates how papermills works, fa il punto su un fenomeno certamente noto (quello dei papermills) di cui però forse non si comprende completamente la portata.

Cosa sono i papermills? Qui la definizione che ne dà una studiosa del fenomeno: Anna Albakina

commercial companies that organize on-demand writing of fraudulent academic manuscripts and offer co-authorship of these papers for sale

Se un autore ha poco tempo o è pigro (così racconta l’articolo su Nature), se la sua istituzione impone target numerici da raggiungere per ottenere avanzamenti di carriera o una posizione permanente, in particolare rispetto alle pubblicazioni indicizzate in Scopus o Wos, se il sistema della ricerca del suo paese distribuisce fondi in base alla produttività scientifica o al numero di citazioni, una di queste società offre a prezzi modici un posto nella stringa autori di lavori magari già sottomessi.

La compravendita avviene di solito attraverso Facebook e con società che cambiano continuamente indirizzi, e offrono ogni volta credenziali diverse, anche simulando la collaborazione con autori importanti.

Abbiamo già visto più volte come il mercato delle pubblicazioni scientifiche generi profitti altissimi (per gli editori) e spese elevatissime (per le istituzioni). In cambio di questi costi gli editori si fanno garanti della qualità di ciò che pubblicano. Sulla scorta della lettura dell’articolo apparso su Nature due considerazioni vengono naturali:

1)Quei sistemi della ricerca (la Cina ad esempio) che hanno basato la valutazione su criteri meramente quantitativi (numero di pubblicazioni indicizzate nella banche dati Scopus e Wos) ora stanno cercando di far marcia indietro (prevedendo anche severe punizioni per chi ha assunto comportamenti adattativi rispetto al sistema di valutazione)

2)Le pubblicazioni prodotte da papermills, facilmente identificabili per una serie di caratteristiche qui elencate

Because papers are often mass–produced, typical signs include familiar text, duplicated images, suspicious e-mail addresses, implausible collaborations and irrelevant citations. Another red flag is “tortured phrases” resulting from attempts to hide plagiarism (examples include “profound neural organization” instead of “deep neural network”, and “subterranean insect settlement” instead of “ant colony”). Paper mills have also submitted, and occasionally been successful in publishing, plagiarized or duplicated papers.

sembrano passare tranquillamente il vaglio di editor e reviewer di quelle sedi editoriali che si vantano di garantire la qualità di ciò che pubblicano, ed anche quello delle basi dati così importanti per le carriere dei ricercatori, disegnando un ambiente tossico a cui sembra molto difficle sottrarsi (o molto più facile adattarsi).

Per questo una riforma di un sistema che non funziona è quanto mai urgente.

Già nel 1995 la pubblicazione scientifica veniva definita da Jonathan B. Buckheit and David L. Donoho come advertising.

An article […] in a scientific publication is not the scholarship itself, it is merely advertising of the scholarship

Se è davvero così, considerare nel complesso il processo di generazione di una ricerca, dalla ipotesi alla generazione e raccolta dei dati, alla loro analisi, descrizione e condivisione potrebbe essere una alternativa valida almeno a fenomeni come quello dei papermills.