Premessa
Ogni anno cOAlition S fa un report sulla efficacia della misura dei contratti trasformativi. Sappiamo infatti che il sostegno a questo modello di business fin dall’inizio doveva essere temporaneo e per quanto riguarda la coalizione, solo per quelle riviste e quegli editori che si impegnavano a raggiungere determinati target di apertura. Gli editori che non raggiungono i target vengono estromessi dal programma di finanziamento. L’ultimo report è quello pubblicato nell’ottobre 2024 e riguarda i risultati ottenuti in termini di apertura nel 2023, in pratica si misura il raggiungimento di target che gli editori si erano posti.
Alcuni editori sono andati bene, e hanno raggiunto i target previsti (Company of Biologists, EMBO Press, Geological Society of London and the Royal Society), altri li hanno quasi raggiunti (Cambridge university press).
Di Springer leggiamo quanto segue:
Springer Nature (SN) – the single biggest publisher in the TJ programme – ended the year with just 117 journals still eligible for inclusion in the TJ programme. This is in stark contrast compared with 2022 data, when SN still had 1721 titles enrolled in the programme. And, though some have flipped to full OA, some 1572 titles (91%) have over the past two years failed to meet growth targets and become ineligible as TJs.
Sorprende quindi molto leggere le dichiarazioni trionfali dell’editore in un documento che riporta tre casi di studio a suo dire di successo (ma rispetto a cosa?).
Una visione distorta
In un report completo e affidabile ci aspetteremmo di trovare tutti i dati utili ad una valutazione che l’editore dice essere molto positiva, invece in nessun punto di parla di costi, di entrate, di guadagni.
L’argomento usato è quello che conosciamo ormai da tempo, e cioè che a seguito dei contratti trasformativi l’open access è aumentato sensibilmente (cioè si enfatizza il fatto che a un aumento dei costi totalmente opaco per questioni di riservatezza, il numero di pubblicazioni open access per cui le istituzioni hanno pagato, sia aumentato). Non si dice a quale prezzo, e non si dice con quale tipo di consapevolezza da parte degli autori. Per supportare l’argomento del successo dei contratti trasformativi si portano 8 argomentazioni.
Ci soffermeremo qui su quelle più problematiche. Ad esempio la 3. Quality research for all. Ricordiamo che in questi ultimi anni 5 editorial board si sono dimessi in massa da riviste di Springer. Ricordiamo anche un episodio piuttosto insolito di intromissione da parte del publisher in questioni connnesse ad una retraction. Per il solo 2024 (secondo il database di Retraction Watch) il gruppo Springer Nature ha fatto registrare 18 retractions, mentre il gruppo Nature 32.
Un altro punto problematico citato è il 4: Easier OA publishing.
Many researchers select journals based on reputation, prestige, and high-quality peer review, with the ability to publish OA as a lower priority. By removing the financial barriers associated with OA publishing, TAs enable researchers to publish OA in the journals of their choice.
Il che è proprio ciò che il report JISC sui contratti trasformativi aveva messo bene in evidenza: questo modello di business lascia gli autori totalmente inconsapevoli rispetto ai costi e porta a conseguenze non volute. Citiamo qui solo alcuni punti toccati nel report di JISC:
The UK’s proportion of Hybrid articles is more than double the proportion in the rest of the world; There has been a steady decline in the number of UK Green-only articles; the rate of transition is slow; transparency remains unclear; Author behaviour appears to have remained the same.
Ma il supposto punto di forza più sorprendente nella analisi di Springer è il numero 8: Increasing equity.
Infatti uno dei punti più critici e criticati dei contratti trasformativi è quello di ampliare il divario fra Paesi che si possono permettere di pagare, e quindi di pubblicare ad accesso aperto, e Paesi che non se lo possono permettere. Quindi un aumento delle disuguaglianze. Non è un caso che ci siano intere parti del mondo che hanno sviluppato e coltivato modelli di business assai diversi basati su infrastrutture pubbliche (si pensi ad esempio a Scielo ).
Ma il punto più stridente lo troviamo nelle conclusioni di questo report che, ricordiamo, manca totalmente della parte economica e di una rendicontazione trasparente:
However, the future of TAs depends on continued and widespread participation.
Crediamo che il punto qui non sia il futuro dei contratti trasformativi (che sta molto a cuore all’editore), ma quello della comunicazione scientifica (che dovrebbe stare a cuore alle istituzioni). Crediamo che il report di Springer miri a far passare per un modello di business ormai assestato e permanente una modalità che doveva essere temporanea, come si spiega bene anche nell’articolo Transformative Agreements Are a Blind Alley Crediamo che gli autori, in questo contesto, continuino a pensare che l’open access attraverso i contratti trasformativi sia gratuito, senza alcuna consapevolezza dell’aumento dei costi per le istituzioni e senza alcuna idea della loro sostenibilità nel lungo termine e che il tema della qualità di ciò che si pubblica, così come quello della research integrity non vengano affrontati in alcun modo. Una valutazione seria di questo modello dovrebbe tenere conto di tutti questi aspetti.