Scientific publishing: modelli inadeguati e come superarli

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La segnalazione di oggi riguarda due testi che risultano perfettamente collegabili e che sono uno la conseguenza dell’altro.

Il primo è un testo di David Prosser, direttore di Research libraries UK. Partendo dalla constatazione che il numero di università britanniche che escono dal contratto trasformativo con Elsevier sono in aumento, vengono individuati tre periodi nell’ambito della acquisizione di informazione scientifica. Il primo è quello del passaggio dal modello di rivista cartacea a quello digitale, il secondo è il passaggio ai “big deals”, l’acquisto di interi pacchetti di riviste senza possibilità di scelta per le istituzioni

High-use titles were bundled with others that might have little relevance for any given university

il terzo è invece quello dei contratti read and publish (cosiddetti accordi trasformativi).

Prosser sottolinea il problema che accordi che erano stati pensati come transitori, per traghettare un modello chiuso verso un modello di pubblicazione aperto, in realtà si sono trasformati in accordi permanenti, anzi come qualcuno ha detto in trappole per le istituzioni.

Uno studio pubblicato da JISC (che cura le contrattazioni con gli editori in UK) mostra infatti come la auspicata transizione potrà avvenire solo fra 70 anni. Un altro problema rilevante segnalato da Prosser è l’aumento di costi a fronte di tagli ai budget delle università che rendono quindi necessario un ripensamento degli investimenti.

La ricerca di nuovi modelli e anche di un ripensamento nelle forme di editoria scientifica sono diventati quindi urgenti e sembra che il diamond open access possa rappresentare una possibilità concreta ed efficace di reinvestimento di parte dei fondi risparmiati recendendo dagli accordi trasformativi.

Universities should commit to investing a proportion of any savings from cancelling big deals into new initiatives. Only this will remedy the structural imbalances in current models and create a more sustainable model for the future.

Ed è qui che si inserisce il secondo documento. Mentre la Gran Bretagna, dopo un lungo periodo di adesione agli accordi trasformativi vede nel diamond open access una possibile alternativa, l’Olanda pubblica un interessante documento dal titolo How to flip your journal: a guide to more equitable publishing with diamond open access.. Per questo Paese il diamond open access (un modello di business in cui gli autori non pagano per pubblicare e i lettori non pagano per leggere) è diventato così rilevante che è stato creato un centro ad hoc per supportare il passaggio a modelli di pubblicazione più equi e sostenibili. Il testo prende le mosse dal fenomeno delle dimissioni in massa degli editorial board, insoddisfatti per via dell’ingerenza degli editori nelle pratiche scientifiche, per la pressione ad accettare sempre più contributi, per l’aumento incontrollato delle APC, per l’uso non dichiarato di sistemi di intelligenza artificiale, per la pressione per tempi di revisione sempre più brevi, ma anche per la mancanza di supporto nelle pratiche legate alla riproducibilità delle ricerche (dati, codice, software ecc.).

Non è un caso che gli editorial board che si sono dimessi sono poi passati a modelli diamond open access, che sembra davvero a questo punto rappresentare l’alternativa a modelli editoriali poco trasparenti e poco inclini ad accogliere forme di pubblicazione innovative come il modello Publish Review Curate.

Il pregio del documento di linee guida che descrive nel dettaglio i passi da fare nel momento in cui si decide di passare ad un modello diamond open access citando anche casi di studio concreti, è quello di non essere affatto rigido ma di presentare una serie di soluzioni e piattaforme che possano salvaguardare la accessibilità in scrittura e in lettura senza costringere gli editorial board ad un modello unico. Troviamo quindi qui la descrizione di modelli basati su infrastrutture open source o proprietarie, troviamo modelli che prevedono la collaborazione con gli editori tradizionali no profit come S2open, casi in cui si chiede agli autori un contributo volontario, vengono descritte e comparate una serie di piattaforme che possono essere utilizzate (fra cui ad esempio quella dell‘università di Milano, OJS) e alla fine vengono indicati i costi.

La iniziativa olandese rappresenta un buon punto di partenza anche per altri Paesi, e pone l’accento sulla necessità di modelli di business differenziati e sostenibili per quelle università che per diversi motivi (etici ed economici) non ritengono più adguato il modello di business offerto dai grandi oligopolisti.