Il preprint di T. Ross Hellauer, S. Horbach, K. Holmes e M. Hosseini affronta il tema delle interazioni fra AI generativa e la scienza aperta.
L’analisi è fatta a partire dalla tassonomia utilizzata da Unesco nelle sue raccomandazioni sull’open science pubblicate nel 2021 e per ciascuna dimensione (OA, Open data, open code, open infrastructures) si analizzano i pro (pochi a dire il vero) e i contro (molti).
Anche le conclusioni restano ovviamente aperte per future analisi: da un lato la spinta verso un meaningful access che potrebbe essere facilitata dalla disponibilità di dati determinata dalle pratiche di scienza aperta, dall’altro la impossibilità per chi non ha le competenze necessarie di validare i prodotti della AI generativa e di coglierne le eventuali criticità e i dubbi sui dati di training (in parte dovuti alla incertezza sulla qualità delle fonti, in parte alla certezza sulla loro incompletezza poiché molti dati sono proprietari e chiusi dietro paywalls).
Il tema dell’equità essenziale per chi si occupa di OS ritorna anche per lo sviluppo di strumenti di AI che richiedono enormi quantità di dati ed energia ed ingentissimi finanziamenti che rendono il panorama fortemente sbilanciato verso alcuni paesi.
Ad un certo punto gli autori si chiedono se dati i costi e le elevate competenze richieste per l’uso di questi sistemi sia opportuno e abbia senso e sia sostenibile includerli nel workflow di ricerca o se invece non si debba scegliere strade diverse.
L’articolo si chiude con alcune raccomandazioni che sono necessariamente provvisorie.