Gli ultimi anni hanno visto la nascita di una nuova professione in ambito scientifico, quella dei “science sleuths”. Si tratta di scienziati (ma non solo) che hanno deciso di dedicare il proprio tempo alla scoperta di potenziali manipolazioni nella letteratura scientifica. Alcuni nomi sono già apparsi più volte in queste pagine: Elizabeth Bik, Sholto David, Nick Brown, Leonid Schneider (il cui sito è stato oscurato in Italia per alcuni provider per ordine della magistratura).
Sembra incredibile che esistano figure di questo tipo, eppure la pressione a pubblicare ha portato a un inquinamento della scienza, a manipolazioni delle immagini che se un tempo si potevano dire inconsapevoli, ora (nel 2024 e con tutte le informazioni e i caveat) non più. L’accesso alle carriere e ai finanziamenti attraverso il superamento di target quantitativi (numero di pubblicazioni, numero di citazioni) ha distratto l’attenzione dei ricercatori dalle finalità originarie della scienza e il raggiungimento di target numerici è diventato per molti l’obiettivo principale da raggiungere a qualsiasi costo e in qualsiasi modo. La ricerca del risultato (ovviamente sempre positivo) e la necessità di mantenere la propria reputazione di eccellente ricercatore, eccellente laboratorio, eccellente gruppo di ricerca ha portato alcuni ricercatori a modificare immagini e risultati mentre alcuni altri si sono sentiti in dovere di investigare e approfondire l’origine di questi risultati.
Un report apparso su Undark racconta le loro storie, le storie delle pubblicazioni finite sotto la loro lente e le reazioni degli autori investigati spesso a colpi di citazioni e processi.
We are all idealists and united by a wish for the ideals of science to be more like what they used to be
Non è un lavoro particolarmente remunerativo quello dell’investigatore scientifico, né porta a grandi riconoscimenti o ad attribuzione di meriti. Essi non ottengono risultati scientifici e non fanno nuove scoperte, ma anzi smontano e mettono in discussione i risultati ottenuti da altri. Non piacciono all’accademia, spesso lavorano sotto pseudonimo, per timore di ripercussioni legali ed economiche (si pensi alla causa intentata da Francesca Gino contro la propria università e gli autori di Data Colada), ma negli ultimi tempi si comincia ad apprezzare e valorizzare il loro lavoro, li vediamo esporre le loro ragioni e le loro analisi in convegni e articoli. E’ necessario però ricordare che gli sleuths sono il sintomo di un sistema in crisi, crisi difficilmente risolvibile (e sicuramente non attraverso il lavoro di una manciata di persone ancorché volenterose) se non se ne affrontano le cause.