Negli ultimi mesi si moltiplicano le testimonianze e gli studi che dimostrano la insostenibilità di un sistema Gold open access basato sulle APC.
Un recente articolo su Science ha messo in fila gli argomenti contro il modello basato sul pagamento di article processing charges.
Se le APC sono a carico dei ricercatori si vengono infatti a creare fortissime disuguaglianze fra paesi ricchi e paesi poveri. Le esenzioni per i paesi a basso reddito applicate dagli editori sono spesso confuse, ben nascoste nei sotto menu delle pagine delle riviste e quando poi si arriva alla richiesta risultano inapplicabili. Moltissimi ricercatori non sono perciò in grado di pagarsi costosissime APC che andrebbero ad erodere i già scarsi fondi a disposizione. In alcuni paesi (tipo il Brasile) vengono addirittura posti dei limiti tassativi alle cifre che un ricercatore può pagare per pubblicare. Questo impone dunque anche forti limiti nella scelta della sede editoriale che per i ricercatori di Paesi a basso reddito non potrà mai essere una rivista Gold open access.
Se le APC sono invece a carico delle istituzioni spesso ciò avviene all’interno di costosissimi accordi trasformativi, che di fatto non trasformano nulla se non la mole di denaro incassata dagli editori e che sono stati dichiarati non più eligibili da finanziatori come gli enti di cOAlitionS o come la Bill and Melinda Gates Foundation.
Il diamond open access può essere una soluzione ma richiede uno sforzo comune delle istituzioni e uno spostamento dei fondi da soggetti privati a infrastrutture pubbliche, e l’abbandono della abitudine a considerare le riviste ad alto impact factor come target privilegiato per le proprie pubblicazioni (proprio queste riviste infatti hanno APC molto elevate e in continuo aumento).
L’autore dell’articolo cita l’esempio della Bill e Melinda Gates Foundation che chiede ai beneficiari di un finanziamento di depositare i risultati in formato di preprint.