In queste ore viene lanciata la Dichiarazione di Barcellona sulle informazioni sulla ricerca aperte.
Si tratta di quei dati e metadati che dovrebbero essere utilizzati per la descrizione delle attività di ricerca di paesi, aree di ricerca o gruppi e che in alcuni sistemi della ricerca vengono invece utilizzati per valutare i singoli ricercatori. Gli esiti di quest’ultimo uso degli indicatori bibliometrici sono leggibili nei post dei giorni e dei mesi scorsi.
Gli errori presenti nelle banche dati che forniscono i dati per la vautazione quantitativa sono ben noti: sdoppiamento di profili, errata attribuzione, mancata indicizzazione di interi fascicoli o di articoli all’interno dei fascicoli ad esempio. Ma anche scelta “dall’alto”, operata direttamente dalle società proprietarie di queste banche dati, di quali riviste indicizzare e quali no, quali lingue considerare e quali no, quali discipline includere e quali no. A livello di analisi macro questi errori potrebbero non essere considerati significativi, ma per chi decide utilizzando questi dati, questi errori, insieme alla mancanza di trasparenza e inclusione potrebbero rappresentare un grande problema.
La Dichiarazione di Barcellona, sottoscritta per ora per l’Italia dalle università di Milano e Bologna, impegna le istituzioni a:
1 Fare in modo che l’apertura sia la norma per le informazioni sulla ricerca che utilizziamo e produciamo.
2 Lavorare con servizi e sistemi che supportano e consentono l’apertura delle informazioni sulla ricerca.
3. Supportare le infrastrutture per le informazioni aperte sulla ricerca
4 Sostenere azioni collettive per accelerare la transizione verso l’apertura delle informazioni sulla ricerca.