Academic journals are a lucrative scam (The Guardian)

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Lo scorso anno ha fatto registrare una serie di record (non tutti positivi). Si è raggiunto un numero di retraction eccezionale (10.000 che potrebbero però essere solo la punta dell’iceberg) e molti board editoriali tipicamente di riviste pubblicate da uno dei 5 oligopolisti della scienza si sono dimessi. La lista (aggiornata da Retraction watch) dei board che hanno preso questa decisione è lunga ed è destinata ad accrescersi. Anche il 2024 ha già un buon numero di dimissioni di editorial board (Retraction watch ne registra 6 per ora).

Le motivazioni sono varie, ma per lo più riguardano l’ingerenza dell’editore (publisher) nelle pratiche della rivista, per cui ad esempio in molti casi il passaggio al modello open access gold ha condotto ad una pressante richiesta di aumento delle pubblicazioni accettate per mantenere (o aumentare) i profitti. Qualcosa di inaccettabile per chi fa ricerca seriamente e offre gratuitamente il proprio contributo perché la ricerca pubblicata sia la migliore possibile.

Gli editorial board non scompaiono. Laddove sono coesi e credono nella efficacia del proprio lavoro tendono a fondare nuove riviste e a questo punto l’unica scelta possibile sembra essere il diamond open access.

E’ di qualche giorno fa un annuncio su X di uno degli editor della rivista Journal of economic surveys (il cui editorial board si è dimesso in massa a seguito della richiesta di Wiley di aumentare il numero di pubblicazioni accettate) che è stata fondata una nuova rivista. Sarà Open access diamond e sarà ospitata sul sito di Stanford University Press, con il supporto di PKP. Stanford UP non è una casa editrice OA diamond, ma proprio con questa rivista e con OJS inizierà un programma di diamond open access e la nuova rivista, Reviews of economic literature, vedrà la luce nel 2025.

Il Guardian del 16 luglio riporta un articolo su un altro editorial board che ha deciso di dimettersi in massa nel 2024, Philosophy & Public Affairs. La motivazione riportata da Retraction watch è la seguente:

“scholarly journals—including our own—serve important purposes, and that these purposes are not well-served by commercial publishing” (Daily Nous)

Ma cosa spinge davvero questi editorial board a dimettersi e a scegliere la strada del Diamond open access?

It’s never been more evident that for-profit publishing simply does not align with the aims of scholarly inquiry dice uno degli editor al Guardian. Quasi a significare che profitto e buona ricerca possano difficilemnte coesistere.

Il movimento dell’accesso aperto che sembrava essere agli inizi la soluzione più naturaleper la disseminazione della ricerca in un mondo interconnesso ha aggravato i problemi della comunicazione scientifica, rendendoli però a questo punto molto evidenti. E’ come se l’enfasi sull’accesso aperto ormai posta da enti finanziatori, governi, istituzioni, avesse in qualche modo aperto gli occhi ai ricercatori, cioè a coloro che la ricerca la producono e la validano, sul fatto che l’open access a qualsiasi costo non può essere una opzione.

La tensione fra gli scopi degli editori commerciali (che mirano ad aumentare il profitto) e le comunità scientifiche (che mirano ad aumentare la disseminazione delle proprie scoperte) è ormai arrivata a un punto critico, e le dimissioni in massa sono ormai qualcosa di molto comune fra i ricercatori.

Non è un caso che la scelta della nuova sede editoriale per il board dimissionario sia sempre una sede diamond. E così è stato anche per il board di Philosophy & public affairs che ha scelto come nuova sede editoriale la Open library of Humanities.

L’articolo del Guardian spiega in modo chiaro le motiviazioni del board, la presa di coscienza da parte dei ricercatori e la loro volontà di cambiare le cose. L’articolo ha infatti il sottotitolo: and we’re determined to change that.