Nature communications riporta una bella intervista a quattro ricercatori di ambiti e Paesi diversi e ad un diverso stadio della propria carriera: Brian Nosek, psicologo sociale, Christine Mummery, biologa, Leonardo Scarabelli, chimico e Vitaly Podzorov, fisico.
Il tema trattato è quello della crisi della riproducibilità delle ricerche che sembra affliggere la ricerca contemporanea.
Il primo punto interessante è il tentativo di dare una definizione a processi diversi: riproducibilità, replicabilità e robustezza, processi per i quali spesso si utilizza un’unico termine: riproducibilità.
Si cerca anche di capire perché la riproducibilità sia così importante e sotto questo aspetto il concetto di trasparenza è ripetuto più e più volte. Anche la trasparenza di ciò che non va o non funziona in una ricerca è importante
Great discoveries have been made through careful analysis of discrepancies that would likely not have been possible without transparency.
In assenza dei necessari requisiti di trasparenza, anche la ricerca più rivoluzionaria risulta inutile.
I ricercatori intervistati, in maniera abbastanza corale attribuiscono la “crisi” della riproducibilità a sistemi di valutazione quantitativa che spingono i ricercatori a pubblicare ricerche non completamente mature, o alla necessità (irrealistica) di riportare nelle pubblicazioni risultati perfetti e sempre positivi.
Da un lato c’è il mercato delle pubblicazioni scientifiche (i cui processi sono spesso opachi) con connesso un potente apparato bibliometrico che incentiva la pubblicazione ad ogni costo (in tutti i sensi), dall’altro si individua invece la necessità per la scienza di progredire, cosa che richiede la massima trasparenza e condivisione. Questi due aspetti sono in contrapposizione. Purtroppo la pressione per pubblicare il più in fretta possibile si accorda male con la necessità di pubblicare la migliore ricerca possibile.
Una volta inividuati i problemi ai 4 esperti si chiede quali potrebbero essere le possibili soluzioni, individuate nello sviluppo di una cultura della riproducibilità, nella formazione sul campo dei ricercatori più giovani verso una revisione approfondita anche di lavori già pubblicati, nella individuazione delle figure corrette per la revisione dei lavori e in un atteggiamento maggiormente responsabile da parte dei revisori nell’accettare o rifiutare un incarico, nella produzione di meta-analisi o nella pubblicazione, anche in achivi aperti, di revisioni critiche dei lavori pubblicati. Nella cura da parte dei ricercatori di preregistrare il metodo utilizzato, nella ubblicazione dei preprint o dei report di review.
Tutte le indicazioni date dai ricercatori intervistati toccano aspetti della scienza aperta e di come la trasparenza (di metodi, dati, processi, validazioni e valutazioni) possa e debba essere supportata e favorita da tutti gli attori: autori, editori, istituzioni, finanziatori.