L’enfasi posta sull’open access dagli enti finanziatori della ricerca ha portato alla proliferazione dei modelli di business anche presso lo stesso editore. Le istituzioni (e gli enti finanziatori), così come i ministeri sono certamente in difficoltà nella stima di costi di cui però si precepisce una crescita incontrollata. Si tratta di fondi pubblici per cui sarebbe necessario avere una proiezione più che precisa, utile per impostare future politiche di finanziamento. Il Consiglio d’Europa si è già espresso lo scorso anno in merito al tema delle APC, ritenendo insostenibile la spesa.
Un interessante studio appena pubblicato su Arxiv analizza i modelli, i costi per APC e il loro andamento presso sei grandi editori: Elsevier, Wiley, Springer, Wiley MDPI, PLOS nel periodo 2019-2023. Lo studio si basa, come ormai accade di frequente, su dati di OpenAlex e sulle liste dei prezzi degli editori, per questo motivo i dati, caricati sul dataverse di Harvard
Lo studio vale la pena di una lettura attenta, anche perché nel pur breve lasso di tempo preso in considerazione emergono alcune linee di tendenza significative.
Fra il 2019 e il 2023 sono stati pubblicati oltre 2 milioni e mezzo di articoli con APC > 0. Gli autori hanno incontrato una serie di difficoltà descritte nella sezione dedicata alla metodologia di raccolta e uniformnazione dei dati: spesso si tratta di inaccuratezza da parte degli editori nel mettere a disposizione i dati, ad esempio a volte viene indicato un solo ISSN e a volte due, oppure alcuni editori offrono costi separati (e sensibilmente maggiori) per una pubblicazione più veloce (ad esempio i rapid service fees di Springer). O per esempio è stato necessario uniformare le valute e aggiornarle secondo il tasso di inflazione.
Ma alla fine quanto si è speso per APC? La spesa fra il 2019 e il 2023 è stimata in 8 miliardi, una spesa che è triplicata dal 2019 al 2023. Il gold open access è aumentato, ma è aumentato molto anche l’ibrido probabilmente a causa dei contratti trasformativi. La crescita delle APC è stata impressionante nel quinquennio: del 265% per Elsevier, del 263% per Wiley, del 247% per MDPI. Nel 2021 MDPI è diventato l’editore che pubblica il maggior numero di articoli, ma la linea di tendenza si è bloccata fra il 2022 e il 2023 (così come per Frontiers) per via del fenomeno dei paper mills e degli scandali correlati.
Altri punti di interesse sollevati dalla ricerca: gli editori che offrono ibrido e gold hanno avuto più vantaggi e un incremento di guadagni maggiore di quelli che offrono solo il gold. L’ aumento delle APC nei cosiddetti “prestige journals” sembra essere più motivato dal prestigio che da un aumento dei costi per l’editore. Lo scollamento tra costo e prezzo delle APC sta anche alla base della ben nota ma controintuitiva constatazione che le APC ibride sono più alte di quelle gold, anche se le riviste ibride sono già completamente finanziate attraverso il modello reader-pays (cioè gli abbonamenti).
L’articolo ha dei limiti ben sottolineati sia nella introduzione che nelle conclusioni, molti dei quali sono legati al fatto che i dati forniti dagli editori sono spesso inaccurati, ma danno un quadro macro delle linee di tendenza da cui partire per successive analisi che dovrebbero essere fatte a livello di singoli enti e ministeri.
[…] possibile ricostruire dal basso i l’esborso complessivo di denaro pubblico connesso – esborso che nel complesso sappiamo cospicuo e crescente. Lo fa, per esempio, la Statale di Milano. Ma in Italia, nel 2023, l’hanno imitata soltanto […]