In un breve editoriale pubblicato ad accesso aperto su Access microbiology, Elisabeth Bik parla della importanza della pubblicazione dei risultati negativi.
Se le ricerche si devono basare sui risultati precedenti allora anche la disponibilità dei risultati negtivi risulta fondamentale.
Pubblicare i risultati negativi pare non dare alcun ritorno dal punto di vista della carriera. In primo luogo perché le riviste tendono a pubblicare solo risultati positivi, per cui una submission di un articolo che riporta risultati negativo potrebbe essere oggetto di desk rekection e quindi non vedere mai la luce. Il publish or perish non è d’aiuto in questo perché i giovani ricercatori sono tenuti a pubblicare quanto più possibile (la cosiddetta collezione di righe in più sul proprio CV).
Questi due elementi combinati hanno effetti negativi sulla comunicazione scientifica: The narrow focus on publishing positive and appealing data, combined with an increased pressure to publish has led some researchers to cut corners – or worse[…] Scientific paper mill scammers and citation cartels have infiltrated the scientific literature by producing massive amounts of papers with low quality and fake data. It is currently estimated that about 2 % of all scientific papers might be paper mill articles.
La pubblicazione dei risultati negativi invece evita la duplicazione di ricerche che non conducono ai risultati sperati (soprattutto laddove queste ricerche sono condotte su animali o pazienti), evitando anche lo spreco di fondi pubblici.
Pubblicare i risultati negativi, una volta che il falimento non venisse considerato come riprovevole, vergognoso o inaccettabile, potrebbe portare a una maggiore integrità nella ricerca, evitando ai ricercatori di “ritoccare” i risultati in modo da renderli migliori (o accettabili).
Null results are a key part of sound science and deserve to be published.
Access microbiology cura dal 2019 una sezione di pubblicazione di risultati negativi di cui l’articolo di Elisabeth Bik fa parte.