In un breve ed efficace articolo pubblicato su Nature reviews Cancer, Elisabeth Bik richiama ancora una volta l’attenzione delle comunità scientifiche sul problema della cattiva condotta degli scienziati.
Driven by a growing ‘publish or perish’ culture, in which metrics such as the number of publications and their impact factors and citation counts can represent a scientist’s success, some may cut corners, either intentionally or unintentionally, when they try to publish as many papers as possible.
In alcuni casi gli errori nelle pubblicazioni scientifiche sono frutto di fretta, o di superficialità, in altri però sono volontari e in questo caso si parla di scientific misconduct.
I was alone in my fancy office at University of Groningen.… I opened the file that contained research data I had entered and changed an unexpected 2 into a 4.… I looked at the door. It was closed.… I looked at the matrix with data and clicked my mouse to execute the relevant statistical analyses. When I saw the new results, the world had returned to being logical [Diederik Stapel Ontsporing]
Bik fa notare come i meccanismi di autocorrezione della scienza siano lentissimi e che solo una piccola parte dei lavori segnalati viene poi ritirato o corretto. Se da una parte è giusto che gli editori facciano indagini accurate prima di procedere con provvedimenti, dall’altra molte pubblicazioni non attendibili circolano e vengono citate e su di esse si costruiscono nuove ricerche.
Dal canto loro anche le istituzioni avviano malvolentieri indagini sui loro ricercatori (si pensi al caso Karolinska e Macchiarini).
Che molti casi di cattiva condotta scientifica siano venuti alla luce è frutto del lavoro instancabile di un manipolo di “detective” che anche a costo di minacce e ritorsioni analizzano le pubblicazioni scientifiche alla ricerca di articoli problematici. Ma le pubblicazioni sono troppe e i detective troppo pochi.
Se la scienza si occupa della scoperta della verità, allora anche i risultati negativi o inconcludenti sono veri, allora anche questi risultati sono parte del progresso della scienza. Se la ricerca della verità richiede tempo allora forse è necessario rallentare, verificare e accettare il fallimento come elemento costitutivo del lavoro di ricerca.