Si è parlato molto di Special Issues e di MDPI (ma non solo) a partire dalla segnalazione di un blog (Predatory publishing) che nel febbraio del 2023 decretava come predatorie tutte le riviste di MDPI.
Al di là delle motivazioni portate dal sito i cui contributi sono per lo più anonimi, l’articolo aveva portato all’attenzione del mondo della ricerca un fenomeno molto evidente in un editore come MDPI ma in crescita anche presso altri editori come Frontiers o Hindawi.
Dorothy Bishop in un post sul suo blog ritorna sul tema degli special issues di MDPI.
Basically, when it became normative for journals to publish open access papers in exchange for an article processing charge, many publishers saw an opportunity to grow their business by expanding the number of articles they published.
Ma come funzionano gli special issues? Innanzitutto uno special issue esce dal normale workflow di una rivista e dal controllo del suo editor perché gli viene assegnato uno special editor che dovrebbe avere competenza specifica sul tema dello special issue. Gli articoli pubblicati quindi vengono sottoposti a peer review ma non secondo i criteri applicati per la rivista principale. Bishop dice che testimonianza di questa differenza di trattamento sono le decine e decine di commenti che gli special articles hanno su PubPeer, ma anche le decine di retraction (cosa avvenuta per esempio con l’editore Hindawi).
Lo special editor si porta dietro la sua rete di conoscenze, invitando i colleghi a sottomettere i propri lavori allo special issue e vi contribuisce in prima persona. Alcuni editor sono particolarmente prolifici e pubblicano spesso come coautori (e spesso più di un contributo), negli special issue di cui sono responsabili. Questo comportamento non propriamente corretto ha portato la Directory of Open Access Journals che indicizza le riviste open access gold a fissare regole specifiche per gli special issues e una percentuale massima di accettabilità di articoli coautorati dallo special editor.
MDPI stesso si è dato delle linee guida per la pubblicazione degli special issues, ma una ricerca accurata con la waybackmachine mostra come queste regole siano state continuamente ritoccate (4 volte dal 2022 al 2024) con l’ultima versione che indica
The special issue may publish contributions from the Guest Editor(s), but the number of such contributions should be limited
e che si pone in contrasto con il criterio di indicizzazione nella DOAJ che fissa una percentuale massima (25%).
Bishop riporta una serie di esempi da una rivista che ha analizzato in dettaglio: il Journal of Personalized Medicine e rileva che è stata cancellata dalla Directory of open access journal (btw se si ricerca la stessa rivista in Scopus si trovano oltre 6700 articoli indicizzati).
La frequente modifica delle proprie linee guida non è però l’unico problema sollevato (e dimostrato) dalla Bishop. Una analisi fatta sempre sul Journal of Personalized Medicine ha mostrato come alcuni articoli accettati come parte di uno special issue siano poi stati “spostati” ex post nella rivista principale (probabilmente perché lo special issue è stato concellato) e che questa pratica, frequente e non tracciata, risulta totalmente incoerente rispetto al codice etico che l’editore stesso si è dato.
Bishop ricorda che la Swisse National Science Foundation non finanzia più dal 2024 articoli pubblicati negli special issues e un commentatore ricorda la politica del CNRS che scoraggia il pagamento degli articoli e richiede invece il deposito del post print in HAL.