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Informazioni sulla ricerca: aperte e affidabili
18Mag

Informazioni sulla ricerca: aperte e affidabili

By pgalimbertiin 2025, News, Segnalazioni

Il 28 e 29 maggio si terrà a Bologna la seconda conferenza dei firmatari della Barcelona declaration. La dichiarazione sottoscritta purtroppo ancora da troppo poche istituzioni (in Italia solo due università, Milano e Bologna, dal Museo Galileo e da due regioni, Toscana ed Emilia Romagna), mira a rendere pubblici e riutilizzabili i metadati sulla ricerca, a supportare infrastrutture che rendono aperti e riutilizzabili questi metadati, a utilizzare dati aperti per analizzare e monitorare la ricerca e per studiarne le tendenze e le evoluzioni.

I firmatari della dichiarazione stanno lavorando per produrre linee guida e indicazioni a istituzioni, editori ed enti finanziatori della ricerca. La necessità di poter disporre di dati aperti e riutilizzabili deriva anche dai numerosi ostacoli che incontra chi voglia fare analisi scientometriche o bibliometriche condividendo poi i dati utilizzati come dovrebbe essere buona prassi, ma c’è anche un problema di attendibilità delle fonti, di completezza e di scelte su cosa includere nei database bibliometrici e cosa no.

Attualmente le fonti accreditate presso le comunità scientifiche per informazioni bibliografiche e bibliometriche sono database proprietari dai costi molto elevati e che però è assolutamente importante avere perché le informazioni lì contenute sono utilizzate per le procedure ministeriali, ad esempio la Abilitazione scientifica nazionale. Per ogni istituzione diventa quindi quasi d’obbligo averne una o entrambe e ciò dà la sicurezza di poter disporre di dati affidabili ancorché non condivisibili.

Ma è davvero così? Quanto sono affidabili e completi questi dati chiusi?

Una lettura del database Retraction watch ci dice che le cose stanno un po’ diversamente. Come è noto non qualsiasi sede editoriale viene accolta all’interno di questi database e chi aspiri ad essere incluso viene sottoposto ad un controllo lungo e severo prima di poter essere accettato. I requisiti da soddisfare sono moltissimi e se non si è sicuri di soddisfarli è inutile presentarsi. Elsevier (che produce Scopus) mette addirittura a disposizione dei temerari che intendono cimentarsi con la richiesta di inclusione uno strumento dal titolo are you ready for scopus! Una bella garanzia di affidabilità per chi utilizza i dati qui contenuti. Solo quelle sedi editoriali davvero di qualità vengono incluse dopo seria ed accurata verifica.

Stupisce quindi molto quanto descritto qui dove (fra le centinaia di retractions di articoli in riviste incluse nel databse) si racconta di una di queste sedi editoriali che è stata sottoposta ad accurato processo di revisione e che è stata inclusa, acquisendo quindi la certificazione di sede editoriale di qualità. Si tratta di una rivista il cui editorial board dichiara affiliazioni false, e di cui non si è neppure certi che siano persone reali. L’editore sembra essere un editore chiaramente predatorio, il dominio è stato registrato nel 2023, quindi Scopus non ha rispettato i canonici due anni di pubblicazione richiesti per poter applicare e ha accettato una pubblicazione appena nata.

“The world largest, comprehensive and trusted database“

così si autodefinisce Scopus, ma la incapacità di individuare iniziative predatorie è evidente da questa inclusione imbarazzante.

Contemporaneamente, sempre su Retraction watch leggiamo una notizia rincuorante:

Clarivate to stop counting citations to retracted articles in journals’ impact factors

Nella comunicazione data da Clarivate si dice che nonostante le retractions siano in numero non rilevante (anche se in crescita) nel calcolo dell’IF le citazioni a pubblicazioni oggetto di retraction verranno tolte dal numeratore, mentre verranno lasciate al denominatore fra i citable items.

Curiosamente la fonte di Clarivate per individuare i lavori ritirati è stata in passato e continuerà ad essere un database pubblico, il database di retraction watch.

Ci si chiede a questo punto che senso abbia costruire indicatori su dati non immediatamente verificabili ed eventualmente lacunosi.

A seguito di una analisi costi benefici la Sorbona ha interrotto l’abbonamento a Web of Science (non avendo mai avuto quello a Scopus) per cominciare ad utilizzare strumenti aperti come OpenAlex.

Pensando alla situazione italiana e alla assoluta dipendenza da questi strumenti proprietari (ad esempio per la definizione delle soglie ASN o anche per la scelta delle sedi editoriali di qualità su cui pubblicare), il convegno di Bologna appare dunque una tappa importante. L’auspicio e che si possano raccogliere nuove adesioni anche dal nostro paese e che si comincino ad utilizzare informazioni aperte per l’analisi e il monitoraggio delle attività di ricerca.

Tag: Barcelona Declaration on open reasearch information, open metadata, Scopus, WOS

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