Nell’ambito della comunicazione scientifica ed in particolare a seguito dell’enfasi posta sull’open access e sul publish or perish si sono sviluppate una serie di iniziative predatorie (riviste predatorie, papaer mills). Nell’ambito delle conferenze si è sviluppato lo stesso fenomeno, meno noto, ma altrettanto poco etico, quello delle conferenze predatorie. Se ne parla in un articolo pubblicato su Science in cui l’autrice descrive una serie di casi spiacevoli, e racconta poi la vicenda di di due autori che per capire meglio il funzionamento del fenomeno hanno presentato ad una conferenza un lavoro inventato con affiliazioni inventate.
A quanto pare anche questa forma di trappola per ricercatori più o meno giovani (in molti ci sono cascati, viaggiando da una parte all’altra del mondo per poi scoprire che la conferenza era inesistente o inconsistente) è veramente molto redditizia, perché la costruzione di conferenze fake costa pochissimo ed è possibile chiedere consistenti tasse di iscrizione.
Spesso viene promesso ai ricercatori la pubblicazione degli atti della conferenza in sedicenti riviste prestigiose e questo è certamente uno dei motivi che spinge i ricercatori ad iscriversi.
In realtà, come per le sedi di pubblicazione, anche per le conferenze è opportuno fare alcune verifiche ex ante: se la conferenza fa parte di una serie è utile vedere atti e presentazioni degli anni precedenti; è importante capire chi fa parte del comitato scientifico, quali sono gli sponsor e nel dubbio chiedere sempre (nel caso di unimi a openscience@unimi.it).