Le retractions in ambito biomedico sono quadruplicate negli ultimi 20 anni. un recente articolo apparso su Nature riporta i risultati di una ricerca pubblicata su scientometrics.
I motivi dell’aumento delle retractions sono vari: certamente il fatto che ci siano ricercatori interamente dedicati alla analisi della affidabilità delle ricerche pubblicate ha contribuito non poco al fenomeno. Se le ricerche con un corresponding author basato in una istituzione europea e poi ritirate erano 11 su 100mila nel 2010, nel 2020 diventano 45 su 100mila.
Le cause evolvono nel tempo. Nel 2000 le motivazioni erano legate e problemi etici o legali (authorship dubbie o false, immagini duplicate), mentre nel 2020 la duplicazione di immagini è ancora una delle cause principali insieme alla inconsistenza dei dati.
In queste due forme di research misconduct emergono quattro nazioni europee (Gran Bretagna, Germania, Italia e Spagna), ma è soprattutto l’Italia che in anni recenti segnala un forte aumento.
Il lancio del sito PubPeer nel 2012 e di Retraction watch nel 2010 hanno contribuito a portare all’attenzione delle comunità disciplinari un fenomeno in crescita.
Alcuni punti suggeriti dalla lettura della ricerca pubblicata su Scientometrics: la maggior parte delle retractions sono in riviste in Q1 (risultato che già B. Brembs aveva sottolineato tempo fa). Fra il 2000 e il 2010 non ci sono retractions in Italia per le due motivazioni sopra descritte, sarebbe perciò interessante capire se e come i sistemi di valutazione quantitativi applicati sia dall’Anvur che dal Ministero della Salute hanno contribuito allo sviluppo di comportamenti poco etici.