In un recente post sul suo blog Dorothy Bishop ci racconta della distanza fra teoria e prassi per quanto riguarda la disponibilità dei dati. I dati secondo la definizione di molti finanziatori della ricerca devono essere “as open as possible as closed as necessary”, e questo è chiaro perché ci possono essere situazioni in cui i dati non possono essere aperti. Ciononostante la loro accessibilità (a coloro che ne facciano motivata richiesta) deve essere sempre garantita. Quando gli autori si rifiutano di rendere accessibili i dati a chi ne faccia motivata richiesta possono darsi due situazioni: o gli autori non sono disposti ad accogliere critiche e ad accettare che qualcuno scopra degli errori, contraddicendo il principio per cui la scienza progredisce per tentativi ed errori, per cui grazie ad uno sforzo comune gli errori possono essere corretti, oppure gli autori sanno che i dati contengono errori.
Ecco i fatti. Un ricercatore (J.E. Hirsch) commenta (agosto 2023) su Pubpeer una pubblicazione di un gruppo di fisici che presenta a suo parere alcuni problemi nelle figure. Hirsch chiede i dati agli autori ma i dati non vengono forniti. La rivista – Nature Communications – sostiene di aver ricevuto i dati che però non possono essere motrati per via dello loro confidenzialità. Allora Hirsch chiede che venga aggiunta una nota dell’editore che spieghi che i dati non sono disponibili per i lettori. L’editore (Springer) rifiuta di farlo dicendo che i dati sono stati condivisi con gli editors, e quindi una nota come quella suggerita sarebbe scorretta.
Altrettanto scorretta pare però l’affermazione di Springer su data availability per questo articolo: The data that support the findings of this study are available from the corresponding authors upon reasonable request. Gli editor rispondono ad Hirsch che la sua richiesta non è apparsa ragionevole e quindi gli autori non hanno reputato di dover fornire i dati.
Il fatto che i dati non vengano forniti appare in contrasto con la politica di Nature sui dati che prevede la trasparenza (anche sulle eventuali restrizioni) e invita i lettori a contattare l’editor in chief in caso di rifiuto di fornire i dati da parte degli autori. Hirsch non si dà per vinto e contatta anche varie figure di spicco presso la Max Planck Gesellschaft, a cui un paio di autori afferiscono. Anche la MPG ha fra i suoi commitments quello della trasparenza e apertura di pubblicazioni e dati. la risposta è quella di totale chiusura e di difesa dell’operato degli autori.
La richiesta di poter vedere i dati che portano a determinate conclusioni è una pratica comune nella scienza e la messa a disposizione dei dati è fondamentale per verificare la riproducibilità delle scoperte. Una risposta negativa alla richiesta di dati fa necessariamente nascere dei sospetti perché non c’è nessuna ragione per non mostrarli ad esperti della disciplina che anzi potrebbero avvalorare i risultati o aiutare a correggerli.
Che un editore com Springer Nature e una società come la MPG avallino comportamenti opachi e non trasparenti dimostrano (purtroppo) quanto la prassi sia distante dalla teoria.
A questo link una descrizione più dettagliata fatta da Leonid Schneider.