L’articolo, apparso su Vox, si focalizza sul tema della manipolazione dei dati, una piaga che ha colpito particolarmente l’università di Harvard e alcuni dei suoi ricercatori eccellenti. Prima con Francesca Gino, poi con Claudine Gray e poi con le 58 ricerche sul cancro del Dana Farber institute risultate per la maggioranza non riproducibili.
Si cerca di affrontare il tema dal punto di vista di chi manipola i dati ma anche da quello di chi investiga (i data sleuths).
Individuare e portare alla attenzione di tutti frodi scientifiche è una attività che può costare molto, anzi moltissimo a un ricercatore. Lo sanno bene i colleghi di Macchiarini al Karolinska, mobbizzati per anni prima che venissero riconosciuti gli errori dell'”inventore”della trachea artificiale.
Alcune manipolazioni sembrano essere involontarie o frutto di errori materiali, altre invece sono fatte di proposito e consapevolmente.
E’ importante che le istituzioni si facciano carico sia del tema della trasparenza e fairness dei processi che ruotano intorno alla gestione dei dati della ricerca sia della formazione soprattutto (ma non solo) dei giovani ricercatori.